by Daniela Lotta
Materiali organici, pulsanti, e processi di produzione alternativi aperti alle molteplici variazioni del contingente stanno sempre più affermandosi all’interno della creatività contemporanea. Il design di ultima generazione sembra essersi definitivamente emancipato dalla sudditanza alla logica efficentista della macchina, in favore di pratiche artigianali e sostenibili che riscattano, concettualizzandoli, i valori di epoche preindustriali. È chiaramente in atto un recupero del primordio, visibile nell’uso di elementi primari come acqua, aria, terra e fuoco, di materiali energetici prelevati direttamente dalla natura o comunque di sostanze caratterizzate da una grana spessa, polposa, la cui superficie irregolare mostra chiaramente anomalie e imperfezioni delineando, in definitiva, una grammatica formale del “morbido” fatta di strutture fluide e instabili, dall’andamento sinuoso e discontinuo. Un vero e proprio approccio “antiform” è rintracciabile in alcune produzioni di Tomáš Gabzdil Libertiny, abile nel riattualizzare secondo una logica seducente e decorativa sostanze naturali come ad esempio la cera d’api: uno dei materiali simbolo, tra l’altro, dell’arte del processo, inaugurata nel secondo Novecento da Joseph Beuys. Per il suo The Honeycomb Vase (2007), Libertiny costruisce un’arnia a forma di vaso e lascia ai piccoli insetti ospitati al suo interno il compito di sviluppare la struttura dell’oggetto. Ancora, con il progetto The Paper Vase (sempre del 2007) l’autore tenta di rintracciare lo stato originario del legno compiendo un percorso di recupero dell’organico (già caro a Giuseppe Penone) modellando al tornio, come fossero blocchi di legno grezzo, delle risme di carta costituite da semplici fogli su cui stampa l’immagine di un albero che, nella fase finale, riemerge come un’ombra sulla superficie bianca dei vasi.
Giuseppe Penone può essere chiamato in causa anche per leggere la complessità dei gioielli creati tra il 1999 e il 2004 da Hilde De Decker: Voor boeren tuinder, una serie di monili realizzati attivando un processo creativo che stringe un legame, sia fisico sia mentale, con i processi di crescita delle piante. In questo lavoro De Decker inserisce alcuni germogli all’interno di piccole strutture in argento e attende che il tempo faccia il suo corso trasformandoli in gemme effimere. Una azione, questa, che sembra riattivare alla lettera quella compiuta da Penone, Alpi Marittime. Continuerà a crescere tranne che in quel punto (1968–1978), in cui il calco in acciaio della mano dell’artista, stretta intorno al tronco di un albero, ne modifica la forma durante la crescita. Non è un caso che a più mandate riaffiori il nome di uno degli artisti più rappresentativi dell’Arte Povera, movimento interessato, per l’appunto, a mostrare nell’opera il comportamento di materiali deperibili. Non è un caso che a più mandate riaffiori il nome di uno degli artisti più rappresentativi dell’Arte Povera, movimento interessato, per l’appunto, a mostrare nell’opera il comportamento di materiali deperibili. Ma se per gli esempi precedenti l’oggetto si configura quale risultato di lenti processi primari che il designer si limita solo ad attivare, in altri casi il linguaggio formale si fa più complesso pervenendo a invenzioni di forte impatto estetico.
Così Studio Formafantasma – duo composto dai designer italiani, basati a Eindhoven, Simone Farresin e Andrea Trimarchi –, che durante l’ultima edizione del Salone del Mobile di Milano ha presentato Botanica, una interessante riflessione intorno ai processi di trasformazione delle materie di origine vegetale. Fuori da ogni retorica, Formafantasma sintetizza polimeri naturali rieditando le tecniche pionieristiche sviluppate a cavallo tra il XVIII e XIX secolo. Ne risultano in tal modo oggetti d’arredo preziosi e altamente suggestivi, espressione di una “natura arcana”, salvifica, posta sotto il segno di un neopoverismo sensibile e ornamentale.
Evoca la dimensione inquieta dell’informe il designer spagnolo Nacho Carbonell, che sin dai suoi primi lavori persegue la crisi dell’oggetto seriale a favore di una felice manipolazione di materiali e forme. Nel 2005, con l’intervento Por las Rama, trae ispirazione dagli insetti intessendo bozzoli di bioplastica intorno ai rami di un albero, plasmando rifugi emozionali transitori destinati in breve ad essere riassorbiti dal paesaggio naturale, una volta cessata la loro funzione. Straordinari coaguli materici, che sembrano fuoriusciti dalla psiche stessa dell’autore come diretta espressione delle pulsioni del profondo, animano l’installazione The Fertility Cave – vista nel 2009 in occasione di DesignMiami/Basel. Uno scenario “molle” che costringe il fruitore a uno sforzo partecipativo consentendogli di penetrare l’ambiente solo attraverso un ingresso faticoso che impone di strisciare al suolo in scoperta regressione involutiva.